Laurus SRL

SPECIALE COLTIVAZIONI FUORI SUOLO

Sotto controllo

di Marco Valerio del Grosso e Giovanni Nicotra

Le coltivazioni fuori suolo si distinguono dalle coltivazioni tradizionali per l’assenza del terreno. La coltivazione avviene su substrati organici o inorganici. Il rifornimento di acqua e sali minerali avviene attraverso la somministrazione di una soluzione nutritiva contenente tutti i 13 elementi nutritivi minerali indispensabili per lo sviluppo di una pianta (N, P, K, Ca, Mg, S, Fe, Mn, Zn, Cu, B, Mo, Cl).

Il suolo, quindi, non è più parte attiva del sistema di produzione ma viene sostituito da substrati perlopiù o totalmente inerti che trattengono più o meno l’acqua e riforniscono costantemente le piante di acqua ed elementi minerali. Sono coltivazioni ottenute, salvo casi particolari, in ambiente protetto. Grazie a questa tecnica si possono ottenere rese superiori rispetto al semplice suolo e coltivare anche in siti dove il terreno non permette la coltivazione sia per problemi patologici (nematodi, funghi e insetti tellurici), sia per problemi chimici, fisici e biologici (suolo pietroso o salato, livellamento suolo, falda freatica alta, stanchezza del terreno). Con la tecnica del fuori suolo è possibile massimizzare l’efficienza di utilizzo di acqua e fertilizzanti ed ottenere rese e qualità, nettamente superiori a quelle che si avrebbero coltivando con il metodo tradizionale. Anche per il fuori suolo ci sono svantaggi ed in particolare vi è necessità di maggiori investimenti e competenze sia da parte del tecnico sia da parte dell’agricoltore.

Tecnologie per l’efficienza

Per ottenere una maggiore resa e un ridotto impatto ambientale con un oculato ed efficiente uso delle risorse idriche unitamente ad un ridotto consumo di fertilizzanti (dai costi sempre in crescita), esistono attualmente delle tecnologie innovative che permettono di ottimizzare l’uso di tali risorse. Le coltivazioni fuori suolo hanno come comune denominatore la possibilità di controllare in modo molto preciso, rispetto alle coltivazioni su terreno, i parametri della fertirrigazione. Spesso, inoltre, le coltivazioni fuori suolo sono effettuate in serre con controllo ambientale, che permette di combinare i dati climatici con i dati della fertirrigazione ed ottenere un’ottimizzazione della crescita della coltura. L’utilizzo di sensori in agricoltura è ormai molto diffuso. La raccolta e l’analisi dei dati di coltivazione raggiungono il loro massimo nelle coltivazioni fuori suolo in coltura protetta: in questo caso la possibilità di controllo è massima.

Monitoraggio idrico

La necessità principale alla base dei sensori è quella di ogni agricoltore: dosare l’acqua per le piante in base ai loro fabbisogni. Ricordiamo che le piante sono fatte al 90% di acqua; quindi, la corretta somministrazione dei turni irrigui è fondamentale per una coltura sana e una crescita equilibrata. Quanta acqua dare e quando darla sono la chiave del successo di ogni coltura, fuori suolo e non. Nelle colture su substrato si fraziona l’acqua in microirrigazioni. La giornata irrigua (inizio e fine irrigazioni), la frequenza (tempo tra i turni irrigui) e la durata di ogni turno, sono le variabili da impostare per una corretta fertirrigazione. Come ogni agricoltore sa bene, le necessità idriche di una coltivazione variano durante la giornata, la stagione, la fase di crescita, la specie coltivata.

I sensori nascono per rispondere in modo automatico a queste variabili, rilevando in modi diretti o indiretti l’evapotraspirazione della pianta. I sensori spesso generano grafici e tabelle infografiche sui dati che rilevano, quindi l’agricoltore può, se il sistema non è integrato con il fertirrigatore, decidere della strategia irrigua in base ai dati elaborati.

Sensori di prima generazione

La prima generazione di sensori è costituita da sensori puntuali applicati direttamente sul substrato (alcuni esempi: Parrot, Pico, WCM). Lo strumento di solito è dotato di un sensore a forchetta, inserito in verticale sul substrato, in grado di rilevare l’umidità e, a volte, l’elettroconducibilità. Si può usare in modalità di misura puntuale e, a volte, in continuo. Se si escludono i sensori specifici per un solo tipo di substrato (Wcm e Growsense della Grodan), si tratta di misure non sempre precise a causa di diversi fattori:variabilità dei substrati come composizione, dimensione ed età; miscele di substrati; altezza del substrato (i sensori di solito non superano i 10 cm). Le misure sono quindi un riferimento più che altro come variazione relativa, ma non in valore assoluto.

Sensori di drenaggio

Sensori di drenaggio L’approccio alla sensoristica per il fuori suolo è continuato con i sensori di drenaggio. Ad Almeria, in Spagna, a fine anni ’90 è stato brevettato un sistema semplice ed efficace: la bandeja de demanda (letteralmente vassoio di richiesta). Come si vede nella Figura 2, si tratta di un vassoio rigido, ove viene appoggiato un feltro di materiale assorbente, come un panno, sotto al sacco di substrato. Il drenaggio confluisce in un piccolo serbatoio ove pesca un elettrodo. L’elettrodo è collegato al sistema di irrigazione con uno slot. Dopo l’irrigazione, il sacco drena, il circuito dell’elettrodo è chiuso e l’irrigazione è ferma. La pianta poi continua a traspirare e prende l’acqua dal serbatoio attraverso il feltro. Quando il livello dell’acqua nel serbatoio si abbassa, lascia l’elettrodo libero, il circuito si apre e si dà l’impulso all’irrigazione. Naturalmente l’agricoltore può impostare un tempo minimo al di sotto del quale non irrigare. È un sistema semplice, economico ed efficace, tuttora usato in moltissime serre fuori suolo spagnole.

Anche in Italia abbiamo avuto sistemi di fertirrigazione con sensori di drenaggio, basati sempre sulla quantità di drenaggio e sul tempo minimo che deve passare tra un’irrigazione e l’altra. La qualità di questi sensori è indubbiamente buona. Alcuni abbinano alla misurazione del drenaggio/gestione irrigua anche la misurazione dell’elettro conducibilità, completando i dati di riferimento per la definizione della strategia irrigua. Il lato negativo di questi sistemi, collegati a sacchi spia, è dato dal fatto che i dati rilevati da due/tre sacchi “gestiscono” un intero settore irriguo, che può avere diverse migliaia di sacchi in coltivazione. È il concetto di campione rappresentativo: per assunto i due sacchi con il sensore sono rappresentativi per tutto il settore o serra. Questo può essere realistico nel caso di un substrato nuovo, ma quando il sacco viene usato per due o più anni il campione diventa meno rappresentativo, perché aumentano i gradienti all’interno dei sacchi.

Un upgrade del sensore di drenaggio è stato l’integrazione con una bilancia/ sensore di peso. In pratica uno o due sacchi di coltivazione sono appoggiati su un ripiano rigido che insiste su una bilancia. Man mano che la pianta traspira (il 90% dell’acqua serve alla traspirazione, solo il restante 10% alla crescita dei tessuti) il sistema pianta/substrato perde peso. L’agricoltore può impostare un limite al di sotto del quale l’impianto fa partire l’irrigazione per reintegrare l’acqua traspirata.

Anche questo sistema ha l’handicap di basarsi su un campione di pochi sacchi. Inoltre, l’aumentare del peso della pianta a volte fuorvia le misurazioni di peso.
Anche in Italia abbiamo avuto sistemi di fertirrigazione con sensori di drenaggio, basati sulla quantità di drenaggio e sul tempo minimo che deve passare tra un’irrigazione e l’altra.

Sensori di ultima generazione

La versione 3.0 dei sensori descritti finora è l’integrazione del rilevamento del drenaggio/traspirazione con i dati climatici e di crescita della pianta. I parametri misurati si ampliano e comprendono: irrigazione, drenaggio, traspirazione, consumo di energia, radiazione, biomassa prodotta.

Ai sensori di drenaggio si affiancano sensori climatici e biometrici sulla pianta, per esempio la foglia artificiale o sensori di telerilevamento della crescita. I sistemi sono in grado di elaborare moltissime informazioni sulla crescita della coltura e insieme concorrono, con opportune elaborazioni, alla definizione di una strategia di controllo irrigua ed anche ambientale. È chiaro che l’analisi e l’interpolazione di una mole tale di dati sarebbe impossibile per una persona. Per questo i sensori 3.0 interagiscono tra di loro e si interfacciano con il sistema di controllo della fertirrigazione e del clima. Anche in questo campo c’è stata una rapida moltiplicazione delle aziende, anche piccole startup, che sviluppano sistemi di rilevamento dati e modelli decisionali basati sui sensori sopracitati. Una nota importante riguarda l’affidabilità del sistema. Ricordiamo sempre che tutti i materiali devono sopportare le escursioni termiche e igrometriche che si verificano in una coltura protetta. Le funzioni che si possono attivare in un sistema supportato da sensori efficienti sono moltissime. Dal semplice supporto al fabbisogno idrico della pianta durante la giornata, alla modifica dell’apporto di fertilizzante in base al clima in serra, alla gestione del clima per ottimizzare il Vpd, ecc.
L’agricoltore può impostare un limite al di sotto del quale l’impianto fa partire l’irrigazione per reintegrare l’acqua traspirat. Alcuni abbinano alla misurazione del drenaggio/gestione irrigua anche la misurazione dei dati climatici. Integrazione del rilevamento dell’acqua e dell’elettroconducibilità nel substrato con i dati climatici.
Anche la parte di difesa fitosanitaria viene dai sistemi integrati di controllo. In primis per le fisiopatie, in buona parte riconducibili a squilibri idrico/ nutrizionali e/o climatici. In seconda battuta per funghi, batteri e insetti. Una pianta in buona salute e un clima stabile sono i prerequisiti per una buona difesa fitosanitaria. L’utilizzo dei sensori non limita la funzione dell’agronomo aziendale, anzi la esalta. Il tecnico ha a disposizione una serie di dati elaborati e di rapida fruizione, che lo supportano nelle scelte di coltivazione. In più è sgravato da buona parte della gestione ordinaria della coltura, perché il sistema la manda avanti da solo, e si può dedicare a quegli aspetti di minor rilievo ma ugualmente utili a ottimizzare le rese e la qualità dei prodotti.

La pianta è costituita soprattutto da acqua e capire quando darla e in che quantità è la primaria chiave di successo per una coltura in fuori suolo e in suolo. La gestione attenta dell’irrigazione è più importante anche della stessa soluzione nutritiva. Il controllo della gestione dell’acqua tramite sensoristica moderna (Agricoltura 4.0), permette di ottenere ottimi risultati produttivi e di non sprecare una risorsa sempre più carente. Le nuove tecnologie informatiche, applicate finalmente anche al settore primario, permettono e permetteranno di rispondere alle esigenze alimentari globali di una popolazione sempre più numerosa e con una maggiore attenzione all’ambiente. Il sistema del fuori suolo che si avvale di un controllo continuo del sistema è uno dei più importanti modi per soddisfare le richieste di alimenti sani, rispettosi dell’ambiente e delle risorse idriche.
Ai sensori di drenaggio si affiancano sensori climatici e biometrici sulla pianta, per esempio la foglia artificiale o sensori di telerilevamento della crescita. Il controllo della gestione dell’acqua tramite sensoristica moderna permette di ottenere ottimi risultati produttivi e di non sprecare una risorsa sempre più carente.